Con una nuova grafica e ancora tante riflessioni fuori dal coro.
Vieni su https://ilpostadozione.org
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E’ vero, in questo ultimo anno non ho più scritto sul blog. La motivazione? Sono stata presa dalle presentazioni del libro “Cara adozione” edito da Italiaadozioni.
Si tratta di una raccolta di 45 lettere di 45 autori da tutta Italia che parla di adozione. Parliamo di mamme, papà, figli, sorelle, compagni di scuola … tutti ci parlano di adozione in un modo nuovo, in un momento di intimità com’è quello della scrittura di una lettera.
Che cosa c’entro io con il libro? Sono la responsabile del progetto, tutto su base volontaria, fortemente voluto dalla presidente di Italiaadozioni, Ivana Lazzarini. Un’esperienza nuova per me che non mi ha lasciata indifferente e che ho portato avanti tra mille dubbi e incertezze essendo alla mia prima esperienza come curatrice di un libro.
Sono contenta di affermare che “Cara adozione” è un testo che sta avendo un riscontro superiore alle aspettative, grazie alla sua semplicità e alla collaborazione di tutti con il passa parola.
Se desideri una copia, prenotala sul sito di Italiaadozioni; ti arriverà per posta nell’arco di qualche settimana.
Tengo molto a ricordare che la raccolta fondi va ai progetti scuola dell’Associazione, tra cui il concorso “L’adozione tra i banchi di scuola” alla sua IV edizione.
Per l’intero 2017 le presentazioni sono spaziate da Trento a Palermo, da Torino a Catania con un ritmo piuttosto incalzante.
Le ultime di questo movimentato 2017 saranno a:
Sono oltre 100.000 gli U-Reporters tra i 13 e i 30 anni che hanno partecipato al sondaggio online dell’Unicef su giovani e bullismo. U-Report è una piattaforma digitale realizzata per favorire la partecipazione dei ragazzi attraverso dispositivi a loro congeniali, come smartphone, tablet e pc.
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I giovani partecipanti – provenienti da vari Paesi, fra i quali Senegal, Messico, Uganda, Mozambico, Ucraina, Cile, Malesia, Nigeria, Swaziland, Pakistan e Irlanda – hanno risposto tramite sms, Facebook e Twitter a una serie di domande sull’impatto del bullismo nella loro comunità, sulle proprie esperienze personali e sui possibili mezzi per arginare il fenomeno.
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Questi alcuni risultati emersi dal sondaggio: un terzo degli intervistati considera normale rimanere vittime del bullismo, e una volta subito questo comportamento ha ritenuto di non dirlo a nessuno; la maggior parte degli intervistati che ha rivelato di essere stato vittima di bullismo riferisce di averlo subito a causa del proprio aspetto fisico; il bullismo è collegato anche al sesso, all’orientamento sessuale e all’origine etnica; un quarto delle vittime ha dichiarato di non sapere con chi confidarsi.
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L’indagine fa parte della campagna dell’Unicef #ENDViolence.
Vedi in particolare:
Cyberbullismo: violenza contro i ragazzi https://ureport.in/poll/1379/
Protezione dei ragazzi on line: i governi fanno abbastanza? https://ureport.in/poll/621/
Indagine globale sul bullismo https://ureport.in/poll/575/
Opinioni riguardo alla violenza sulle ragazze nel mondo
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Il Corso è accreditato al CNCP (Coordinamento Nazionale Counsellor Professionisti), consente l’iscrizione al registro dei Counsellor.
Durata: 10 incontri (frequentabili anche singolarmente)
Inizio: 4 febbraio 2017
Destinatari: Psicologi, Insegnanti e Counsellor che desiderano lavorare nell’ambito scolastico per la promozione del benessere fisico e psicologico degli alunni e per lo sviluppo di interventi nelle situazione di disagio emotivo e relazionale di allievi, genitori e insegnanti.
Sede didattica: Roma
Metodologia: la metodologia è di tipo teorico-pratico: ogni lezione alterna momenti di spiegazione teorica (Psicologia dell’età evolutiva, Counselling e tecniche di intervento in ambito scolastico) ad attività pratiche (esercitazioni individuali, lavori in piccolo gruppo, analisi di progetti ed esperienze concrete) e a laboratori esperienziali (role playing, autoesplorazione per attivare le stesse risorse emotive, cognitive e relazionali che si intende promuovere nella pratica professionale).
Frequenza
Gli incontri si tengono di sabato a cadenza mensile (orario: 9.30-13.30 / 14.30-18.30).
Modalità di iscrizione
SIPEA: Società Italiana di Psicologia Educazione e Artiterapie Onlus
Roma: Via degli Etruschi 5/A – tel 06.4465977
www.sipea.eu
Proponiamo la riflessione di don Marco e don Roberto, Parroccchia di San Nicolò all’Arena (VR) sul Natale che è passato, ma lascia tracce per la nostra vita di tutti i giorni. La figura di Giovanni Battista si distanzia da quella di Gesù. Gesù definisce Giovanni “il più grande tra i nati da donna”. Tuttavia i due sono la staffetta dell’altro nell’indicarci la strada per cambiare il mondo. Gesù ci invita a fare anche noi come ha fatto lui: seminare speranza. Aiutare a vivere. Inchinarsi per risollevare. Non giudicare. Guarire. Consolare. Noi famiglie adottive, nel nostro piccolo, un piccolo miracolo lo compiamo ogni giorno quando guardiamo con amore i nostri figli provenienti da più parti del mondo.
“Se riesco ad aiutare anche una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente”.
Papa Francesco
Buone Feste a tutti!
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?»
Il Battista sta vivendo un momento difficile. E’ in carcere, costretto al silenzio, per aver criticato il comportamento di Erode. Sente quello che le chiacchiere della gente dicono di Gesù.
Anche Giovanni, come tutti, si aspettava un Messia diverso.
Un Messia re, un uomo di potere capace di liberare il popolo di Israele dai romani.
Invece Gesù si presenta come un Messia mite, che sta dalla parte degli ultimi.
Difende le vedove, le prostitute, i bambini, va a mangiare con i peccatori, con i pubblicani. Non grida. Parla con tenerezza. Usa misericordia con tutti.
I dubbi di Giovanni sono gli stessi interrogativi che anche noi ci poniamo tante volte.
Chi di noi non si è mai posto la domanda se quel Gesù di Nazaret sia veramente il figlio di Dio? Sono duemila anni che la chiesa e i preti dicono sempre le stesse cose.
Gesù è venuto a dirci “Beati i poveri”, ma noi siamo ancora convinti che i veri fortunati sono i ricchi.
E’ venuto a portare la pace e la mitezza, ma siamo ancora circondati da guerre e da arroganti.
Non è che siamo tutti dei poveri illusi? Stiamo forse sbagliando strada? Stiamo perdendo tempo?
Sono gli interrogativi che accompagnano la nostra fatica quotidiana di credere.
Oltre a Giovanni, anche Maria, anche Giuseppe dubitano.
Dubitare è umano. Non si può credere senza dubitare.
Ma che cosa risponde Gesù ai discepoli di Giovanni?
“Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano,… i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”.
Potremmo oggi tradurre così le parole di Gesù: “Venite a vedere quello che faccio ogni giorno. Andate a dire a Giovanni ciò che avete visto con i vostri occhi:
Chi ha perso il senso della vita, ritrova un po’ di speranza. Chi è stato colpito da una malattia, da un lutto, da un fallimento, ora ritrova il coraggio di rialzarsi. Gli ultimi, i disprezzati da tutti, sono diventati i preferiti da Dio”.
Gesù non risponde con un ragionamento. Non si preoccupa di dimostrare che lui è il Messia. Cita Isaia per sottolineare che segue la strada dei profeti non dei potenti.
Per Gesù ciò che conta sono i fatti, non le parole.
Il Vangelo è vita concreta, non discorsi, non chiacchiere, non slogan.
Bella la testimonianza di papa Francesco.
In una delle sue prime interviste (Civiltà Cattolica) parlando della sua fede ha detto che a lui la fede più profonda gliel’ha trasmessa nonna Rosa e non i teologi. E’ la fede vissuta della gente semplice.
Nel Vangelo di oggi c’è una frase di Gesù che ci fa pensare. Dopo aver fatto l’elogio di Giovanni definendolo il più grande tra i nati da donna, aggiunge:
« tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui»
Che cosa voleva dire?
Forse Gesù voleva sottolineare che, con la sua venuta, finiva il tempo della religione ed iniziava il tempo della “bella e buona notizia”, cioè del Vangelo. Il tempo della fede che supera anche la religione.
Giovanni esprime ancora la mentalità religiosa. Infatti annunciava un Dio severo che giudica e condanna.
Gesù invece annuncia il Dio della misericordia e del perdono. Non giudica nessuno, non condanna. Si prende cura degli ultimi.
La spiritualità di Gesù è diversa dalla religiosità di Giovanni.
Per Giovanni, il mondo nuovo si realizza attraverso la penitenza, il digiuno e i sacrifici, cioè i gesti tipici di chi è “religioso”.
Per Gesù invece, un altro mondo è possibile attraverso il donare, il condividere, lo “spezzare il pane”. E’ lo stile di vita di chi ha “fede-fiducia” in Dio.
Gesù non è venuto per risolverci i problemi a suon di miracoli, ma per indicarci la strada per cambiare il mondo. Con il suo esempio ci ha insegnato lo stile di vita delle Beatitudini. Accettare questo non è semplice. Ecco perché aggiunge una nuova beatitudine: «Beato colui che non trova in me motivo di scandalo»
Giovanni parlava di bruciare i peccatori.
Gesù invece va a pranzo con loro. E’ lo scandalo della misericordia! (Ronchi)
Gesù ci invita a fare anche noi come ha fatto lui: seminare speranza. Aiutare a vivere. Inchinarsi per risollevare. Non giudicare. Guarire. Consolare.
Il desiderio di Dio è di vederci contenti, di vederci sorridere, di sapere che stiamo bene, che viviamo delle relazioni belle e profonde.
Il credere non vuol dire sacrificare la propria vita. Invece vuol dire amarla profondamente. Vuol dire aprirsi a cammini inediti, a possibilità impensabili.
Vuol dire passare anche noi dall’essere religiosi al diventare credibili.
E credibile diventa chi vive la fede attraverso i piccoli miracoli dei gesti quotidiani, come uno sguardo, un sorriso, il saper ascoltare, il rispettare, il non giudicare. Profondamente evangelico quello che dice Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”: “Se riesco ad aiutare anche una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente”.
MASTER DI SECONDO LIVELLO
Da chi è promosso: dal Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia e dall’Istituto degli Innocenti di Firenze con le Facoltà di Psicologia, Scienze Politiche e Sociali e Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Di che cosa si tratta: il Master è alla sua quarta edizione ma si propone oggi rinnovato e ampliato nella proposta in quanto di interfacoltà. E’ una occasione unica per promuovere e diffondere una cultura professionale su temi tanto delicati, complessi e di grande attualità, in cui risulta sempre più necessaria una professionalità specifica.
Target: professionisti che già lavorano nel mondo delle famiglie accoglienti, ma anche a coloro che desiderano inserirsi in questo settore e che possono provenire dall’area psicologica (psicologi, psicoterapeuti), dall’area medica (psichiatri, neuropsichiatri infantili, pediatri, medici di base), dall’area sociale ed educativa (assistenti sociali, educatori, pedagogisti, insegnanti, dirigenti scolastici), dall’area giuridica (avvocati, esperti di diritto, consulenti giuridici) e dalla cooperazione internazionale (operatori di ONLUS, Enti Autorizzati, cooperative).
Iscrizioni: sono aperte e si chiuderanno il 15 febbraio 2017.
Informazioni sulle iscrizioni e sugli aspetti burocratici: master.universitari@unicatt.it.
Informazioni sui contenuti: master.affidoadozione@unicatt.it
Questa è la storia di un ragazzino dato in affidamento raccontata qualche anno fa. E’ bene non cancellare certi fatti dalla memoria. Ci teniamo ad evidenziare la difficoltà di un adolescente a manifestare la sua omosessualità (nessuno ha indagato se si tratta di reale omosessualità o di fuga da rapporti con l’altro sesso per motivi più profondi e dolorosi?) e l’inadeguatezza della coppia ad affrontare una situazione anomala (ma le coppie adottive affidatarie non dovrebbero essere preparate a gestire situazioni fuori dall’ordinario, se capitano?).
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di Marida Lombardo Pijola, giornalista
ROMA – Solo e discriminato dagli amici e dai genitori. Questa è la triste storia di un ragazzo di 14 anni raccontata nel blog di Marida Lombardo Pijola su “Il Messaggero”. Il ragazzo è stato oggetto di bullismo e di discriminazione da parte dei suoi coetanei perché omosessuale, ma quello che è ancora più grave è che lo stesso è stato fatto dai genitori. Luca è stato abbandonato due volte: dai genitori naturali a cui è stato sottratto in tenera età e dai genitori affidatari. Gli stessi genitori che lo hanno voluto con tanta forza e tanto desiderio ma che una volta scoperta la sua omosessualità gli hanno voltato le spalle. Lo hanno portato nella casa famiglia da dove lo avevano preso: «Ci crea troppi problemi, non riusciamo a gestirlo, a scuola i compagni non lo accettano, tutti ci dicono ma chi ve lo fa fare?». Così Luca si è trovato solo per l’ennesima volta, senza amici che non accettano la sua natura sessuale, senza genitori biologici a cui è stato allontanato da bambino e senza la famiglia che aveva sognato, perché è un ragazzo “troppo problematico”.
(…) Luca ha vissuto così sin da piccolissimo, quando è stato sottratto ai suoi genitori biologici, al clou di una di quelle storie disgraziate che possono trasformare la vita di un bambino nel buco nero di una quotidiana dannazione. Nel tempo successivo, Lucia e Nicola (nomi inventati pure questi), due brave persone sui quaranta, hanno voluto con ostinazione che Luca diventasse figlio loro. Hanno deciso che doveva assolutamente essere lui, così dolce timido carino, a colmare quel loro grande vuoto per non aver potuto avere figli naturali. Lucia e Nicola, purtroppo, hanno saputo dissimulare bene il loro non aver compreso affatto come dovrebbe funzionare esattamente in modo capovolto, in questi casi: erano loro, a dover colmare i vuoti di Luca, non l’opposto. Eppure, a chi doveva giudicare, sono sembrati adatti a diventare i suoi nuovi genitori. Capita a tutti, talvolta, di sbagliare
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(…) Lucia e Nicola lo hanno riportato in casa famiglia tempo dopo, e lo hanno restituito al mittente, come si fa con una merce difettata. “Ci crea troppi problemi, non riusciamo a gestirlo, a scuola i compagni non lo accettano, tutti ci dicono ma chi ve lo fa fare?”. Già, chi glielo fa fare, a un genitore, di fare il genitore? Che te ne fai, di un figlio che funziona male, di un figlio inceppato, complicato? Di un figlio che ti fa far brutta figura? Di un figlio che poi, alla fine, magari è persino omosessuale?
(…) E adesso io sogno, caro Luca, che nella solitudine della tua non-casa non-famiglia qualcuno ti aiuti a governare il tuo incommensurabile dolore. Sogno cose talmente semplici e banali, caro Luca, che quasi mi vergogno a dire “sogno”. Sogno nient’altro che diritti, nient’altro che amore. Sogno dei genitori capaci di accoglierti, di amarti, di proteggerti, di aiutarti a crescere, a riconoscere e accettare ogni singola e comunque splendida sfumatura della tua personalità. Sogno due genitori che siano genitori, tutto qui. E sogno che l’omofobia un bel giorno smetta di cadere come una mannaia sulla serenità delle persone, e che nulla del genere possa accadere più a nessun bambino, a nessun giovane, a nessun adulto, mai. (…)
(fonte Messaggero.it – 17 Marzo 2014)
“Figura femminile” di Ciro D’Alessio
Questa è uno stralcio di lettera scritta da un padre. Parla del concetto di amore nei rapporti etero e omo. Lui l’ha capito attraverso la storia di sua figlia lesbica. Non tutti i genitori sono capaci di far emergere il lato sensibile di fronte alla dichiarazione esplicita del proprio figlio di essere omosessuale. Così, ancora una volta, i figli si trovano soli a gestire qualcosa ancora lontano dall’essere accettato dalla nostra società. Non sappiamo dare delle risposte. Crediamo che uno sforzo vada fatto nel capire perché sta accadendo ad uno dei nostri figli, con storie non del tutto chiare alle spalle. Mettiamoci, per lo meno, in ascolto.
(…) “Non ho mai scritto a giornali o associazioni o raccontato ad altri, se non agli amici, questi brevi e, mi auguro, non così eccezionali fatti, lo faccio oggi con lei perché mi è piaciuto molto, oltre alla posizione che condivido pienamente sull’importanza personale e sociale del coming-out, vedere finalmente puntualizzare un fatto di cui non si parla spesso, il contrasto cioè all’idea comune che lega troppo fortemente l’omosessualità al sesso.
Chi non sa, nel senso che non ha vissuto in prima persona, ha spesso in mente una tale raffigurazione che è incrostata da anni nella nostra cultura: quando sente parlare di omosessualità pensa in modo immediato a due corpi su un letto, come se sempre ci fosse il sottinteso di un altro termine antico nella nostra cultura: perversione.
Io che nel mio piccolo invece ho visto, so che si tratta di amore. Dai primi innamoramenti a quelli più maturi sono semplicemente legami d’amore che certamente, come dice anche lei contengono anche e per fortuna la sessualità ma che corrispondono in tutto allo stesso senso che il pensare comune attribuisce ai rapporti affettivi eterosessuali.
Mi piacerebbe che anche gli altri lo sapessero e che coloro che lo sanno lo dicessero più spesso e mi piacerebbe anche che in un mondo ideale persino il termine omosessualità venisse sostituito quando se ne parla con altri termini che contengano al posto della radice della parola sesso quella della parola amore.”
(fonte: huffingtonpost.it 01/2013)
“Per quanto riguarda le vittime sappiamo che le bambine risultato essere abusate in maggior misura rispetto ai maschi anche se occorre evidenziare che per questi ultimi si somma, oltre che la violenza subita attraverso l’abuso sessuale, anche quella derivante dalla stigmatizzazione per l’omosessualità.” – Monica Rizzi, psicoterapeuta infantile.
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Se vogliamo parlare con i ragazzi dobbiamo avvicinare il nostro linguaggio al loro. Invece il più delle volte i genitori vogliono evitare la fatica e scappano dal loro ruolo di adulti guida. Questa è l’opinione di Anna Oliverio Ferraris pubblicata su Repubblica.it qualche tempo fa.
Sebbene il rapporto UNFPA ci abbia informato che in Italia le gravidanze precoci siano ben inferiori agli standard di Usa e UK, il fenomeno esiste anche da noi e va limitato. L’intervista sottolinea ancora una volta quanto sia importante la relazione tra genitori e figli.
“Quello che manca è un’educazione sia sessuale che sentimentale”
Parla Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia evolutiva all’Università La Sapienza di Roma. “I genitori non hanno il linguaggio giusto per parlare di sesso e lo fanno sempre meno, e sempre meno mettono dei filtri che invece andrebbero imposti”
“Per molti adolescenti il rapporto sessuale è una sorta di rito di passaggio all’età adulta, viene vissuto come un raggiungimento di qualcosa, una ricerca di identità, ed è pericoloso perché il gruppo conta molto in questo tipo di scelta. Se l’ha fatto lei ed è andato tutto bene, allora posso farlo anche io. E’ questo il messaggio che arriva. E invece a volte per la troppa leggerezza può arrivare anche una gravidanza, a 15 anni”. A parlare è Anna Oliverio Ferraris, psicologa dell’età evolutiva e docente all’Università La Sapienza di Roma.
Perché in Italia ci sono tante baby mamme?
“Il problema è che il sesso arriva da tutte le parti, dai media, dalla televisione, da Internet soprattutto, con i siti porno che hanno dell’irreale, dove la sessualità è vissuta solo come strumento di piacere. Quindi i giovani vivono in una maggiore disinibizione rispetto a una volta e, d’altra parte, manca un’educazione sessuale e sentimentale adeguata. Io credo che si dovrebbe cominciare dalle scuole medie, molti paesi europei propongono l’educazione sessuale già nelle scuole secondarie e sarebbe importante avviare questa buona pratica anche in Italia perché ci sono gravi carenze soprattutto nelle famiglie. I genitori non hanno il linguaggio giusto per parlare di sesso e lo fanno sempre meno, e sempre meno mettono dei filtri che invece andrebbero imposti. Andrebbero messi dei filtri a Internet appunto e anche agli orari delle uscite serali. L’adolescenza è un passaggio, è un’età critica e i giovani sono molto esposti. Se non c’è chi li frena con amore, queste gravidanze e altre situazioni a rischio sono sempre più probabili. I genitori insomma devono tornare a fare i genitori e fare attenzione al contesto che c’è attorno al ragazzo”.
Due minori a rischio, la mamma e il neonato. Ma chi avrà più problemi?
“E’ una domanda difficile, forse rischia di più la mamma che improvvisamente deve modificare il suo progetto di vita, ammesso che lo avesse. Adolescenza e maternità sono due momenti di crisi e vissuti contemporaneamente possono portare ad un cortocircuito. La neomamma andrebbe supportata dalla famiglia di origine e da un counselor esterno perché a volte il rischio è che anche che la nonna per aiutare la figlia scavalchi la vera mamma. E invece il bambino ha bisogno di riconoscere un’unica figura materna. Ci vuole molta saggezza, con le neomamme così giovani non bisogna essere troppo invadenti e possessivi e tantomeno avere un giudizio troppo critico. Credo che vada aiutata soprattutto la mamma perché ovviamente se lei ha un approccio sano anche il bambino ne beneficerà. Altrimenti, se lasciata a se stessa, potrebbe avere un rapporto contrastato con il bimbo perché a quell’età, tra i 16 ed i 17 anni non ci sono ancora la maturità e stabilità per affrontare tutte le esigenze di un bambino appena nato. Quindi è necessario farsi aiutare”.
Secondo lei le baby mamme aumenteranno nei prossimi anni?
“Potrebbe accadere se non si educa a una consapevolezza. Io registro una precocizzazione dei comportamenti da adulti degli adolescenti. I ragazzini di 13 anni escono la notte, si vestono da adulti, hanno atteggiamenti da grandi anche le pubblicità da cui siamo bombardati tendono ad adultizzare i bambini, questo può portarli a pensare di essere grandi davvero ma finché è una recita va bene, poi invece capitano fatti reali come una gravidanza e la vita si fa dura improvvisamente”.
(fonte: repubblica.it – nov 2012)
Ricordiamo che i nostri figli, a volte, sono il frutto di una violenza. Ricordiamo che, se non l’hanno subita direttamente, a volte, hanno assistito a qualche forma di violenza in famiglia. Ricordiamo che la donna nel mondo, a volte, è vista come figura di serie B. Ricordiamo che non si fa abbastanza per aiutare le donne e i bambini a liberarsi da situazioni di oppressione.
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A Verona, da più di una settimana sono iniziate le tavole rotonde, gli spettacoli, le presentazioni di libri per dire NO alla violenza sulle donne.
In Veneto, secondo l’indagine ISTAT 2007, il 19,6% delle donne ha subito qualche forma di violenza fisica e il 26% qualche forma di violenza sessuale. Il 15,9% delle donne in Veneto ha subito qualche forma di violenza nella coppia (18,1% è il dato medio italiano). Il 34,3% delle donne in Veneto ha subito qualche forma di violenza al di fuori della coppia (30,2% è il dato medio italiano).
Abbiamo scoperto, poi, che il Club di Giulietta, istituito nella nostra città per raccogliere le lettere degli innamorati di tutto il mondo, ha anche una funzione sociale. Riceve anche lettere che parlano di abusi e violenze sulle donne, come questa che vi proponiamo:
“Cara Giulietta, care Segretarie di Giulietta,
è da tempo che vi volevo scrivere, la mia lettera è una lunga storia. Mi chiamo Sara, ho 34 anni e vivo in Belgio. Fra pochi giorni mi sposerò con Stefan. Lui è talmente meraviglioso che non posso nemmeno credere alla fortuna di averlo al mio fianco. A Stefan devo la vita. Se non lo avessi incontrato alcuni anni fa io forse non sarei più qui oggi. Prima di incontrarlo vivevo con il mio ex fidanzato, a causa del quale la mia vita consisteva in paura e violenza. Non avevo più nessun contatto con il mondo di fuori, nemmeno con la mia famiglia, perché lui mi aveva isolata e mi manipolava completamente.
Quando conobbi Stefan lui si rese conto subito di quello che stavo vivendo e mi aiutò a separarmi dal mio ex. Ho iniziato così una nuova vita, in una città tutta nuova. Qui ho imparato a rimettermi in piedi e ad essere di nuovo indipendente. Anche se quello che ho passato è successo tanti anni fa, ci penso ancora spesso e non lo potrò mai dimenticare. Ogni giorno, ogni minuto che passo con Stefan, mi accorgo di quanto fosse terribile la mia vita prima e mi accorgo di quanto sono fortunata ad avere incontrato il mio salvatore.
Nonostante tutto questo amore, io però ho sempre paura, paura di non essere capace di far durare questa relazione, paura di svegliarmi un giorno e di rendermi conto che la storia con Stefan è solo un sogno. Vorrei solo poter scacciare tutti i fantasmi del passato.
Stefan ti amo.”
(da “Stoccolma e altre sindromi. La dipendenza affettiva come radici di violenza” a cura di Viviana Olivieri – Comune di Verona, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona, Club di Giulietta e AIF.)
Cari Amici,
proponiamo la seguente iniziativa rivolta ai genitori adottivi che si preparano o stanno affrontando l’adolescenza dei loro figli. Si tratta di quattro momenti di incontro a cadenza mensile. Il percorso, condotto da un formatore esperto delle tematiche sull’adolescenza adottiva e coadiuvato da un tutor d’aula si terrà il sabato mattina dalle 10:00 alle 13:00 presso il centro per le Famiglie di Lecco. Le date previste sono:
Verranno trattati i seguenti temi legati all’adolescenza adottiva:
La metodologia prevede contributi teorici e momenti esperienziali che favoriranno il confronto e la discussione relativamente alle esperienze dei partecipanti. Contributo di partecipazione 50 euro a coppia + una quota associativa famiglia di 35 euro (se non già soci per l’anno 2016). La partecipazione è soggetta obbligatoriamente ad ISCRIZIONE tramite la seguente scheda
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19 NOVEMBRE, ROMA (10.00-13.00) “Il richiamo alle origini”. Per informazioni e iscrizioni: CIAI Lazio
Tel 06 7856225 – lazio@ciai.it
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26 NOVEMBRE, MILANO (9.30-13.30) “Genitori e figli: desideri, aspettative e …vita reale”
Per informazioni e iscrizioni: CIAI Milano – Tel 02 848441 – info@ciai.it
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3 DICEMBRE, PADOVA (9.30-13.30) “L’adozione va a scuola”
Per informazioni e iscrizioni: CIAI Veneto – Tel 049 8077210 – veneto@ciai.it
L’educazione sessuale e il ruolo dei genitori nella crescita della coppia adolescenziale. Stiamo parlando di quei genitori che si definiscono moderni e aperti, e che pensano di esserlo garantendo la sessualità dei loro figli priva di colpa. Molto spesso dietro vi è l’intenzionalità protettiva che non aiuta a crescere. Leggiamo attentamente il paragrafo che segue. Che ne pensate?
“Tuttavia proprio tale intenzionalità protettiva da parte dei genitori rischia di esporre gli adolescenti ad un pericolo forse meno evidente ma certo più diffuso, quello di essere ostacolati nella propria nascita sociale, trattenuti in un’area familiare così accogliente e protettiva da poter accettare al proprio interno anche la coppia adolescenziale sessuata, purché tutto accada lì al sicuro, protetta dalle pareti domestiche, protetti da una coppia parentale assolutamente intenzionata a non dimettersi da tale, a mantenere ancora a lungo un controllo di quello che si riduce così ad un gioco sessuale infantile, che non fa crescere perché responsabilità e potere rimangono altrove.” – Gustavo Pietropoli Charmet, docente di psicologia dinamica, e Elena Riva, psicologa e psicoterapeuta.
(tratto da “Adolescenti in crisi e genitori in difficoltà” – Franco Angeli)
Lunedì 14 novembre 2016 dalle ore 9.00
Milano – Aula Magna Università Bicocca di Milano
L’incontro si avvalerà di esperti in materia e affronterà dubbi ed interrogativi sotto il profilo etico, scientifico, normativo e giuridico di fronte ai diversi modi di essere famiglia.
L’adozione è certamente interessata e coinvolta da queste trasformazioni, obbligando i suoi protagonisti a misurarsi con variabili e possibilità talvolta inattese. Da qui la necessità di comprendere a fondo quali scenari si profilino nel futuro dell’adozione, con l’obiettivo di accompagnare il processo in atto e avendo ben chiari quali debbano essere i principi e i valori irrinunciabili di un modus operandi che abbia sempre e prioritariamente al centro del proprio agire il superiore interesse del minore.
A breve sarà disponibile il programma definitivo del Convegno e la Scheda di adesione (la partecipazione è gratuita previa iscrizione).
Per scaricare il PROGRAMMA aggiornato al 23/09/2016
Se vogliamo parlare con i ragazzi dobbiamo avvicinare il nostro linguaggio al loro. Invece il più delle volte i genitori vogliono evitare la fatica e scappano dal loro ruolo di adulti guida. Questa è l’opinione di Anna Oliverio Ferraris pubblicata su Repubblica.it qualche tempo fa.
Sebbene il rapporto UNFPA ci abbia informato che in Italia le gravidanze precoci siano ben inferiori agli standard di Usa e UK, il fenomeno esiste anche da noi e va limitato. L’intervista sottolinea ancora una volta quanto sia importante la relazione tra genitori e figli.
“Quello che manca è un’educazione sia sessuale che sentimentale”
Parla Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia evolutiva all’Università La Sapienza di Roma. “I genitori non hanno il linguaggio giusto per parlare di sesso e lo fanno sempre meno, e sempre meno mettono dei filtri che invece andrebbero imposti”
“Per molti adolescenti il rapporto sessuale è una sorta di rito di passaggio all’età adulta, viene vissuto come un raggiungimento di qualcosa, una ricerca di identità, ed è pericoloso perché il gruppo conta molto in questo tipo di scelta. Se l’ha fatto lei ed è andato tutto bene, allora posso farlo anche io. E’ questo il messaggio che arriva. E invece a volte per la troppa leggerezza può arrivare anche una gravidanza, a 15 anni”. A parlare è Anna Oliverio Ferraris, psicologa dell’età evolutiva e docente all’Università La Sapienza di Roma.
Perché in Italia ci sono tante baby mamme?
“Il problema è che il sesso arriva da tutte le parti, dai media, dalla televisione, da Internet soprattutto, con i siti porno che hanno dell’irreale, dove la sessualità è vissuta solo come strumento di piacere. Quindi i giovani vivono in una maggiore disinibizione rispetto a una volta e, d’altra parte, manca un’educazione sessuale e sentimentale adeguata. Io credo che si dovrebbe cominciare dalle scuole medie, molti paesi europei propongono l’educazione sessuale già nelle scuole secondarie e sarebbe importante avviare questa buona pratica anche in Italia perché ci sono gravi carenze soprattutto nelle famiglie. I genitori non hanno il linguaggio giusto per parlare di sesso e lo fanno sempre meno, e sempre meno mettono dei filtri che invece andrebbero imposti. Andrebbero messi dei filtri a Internet appunto e anche agli orari delle uscite serali. L’adolescenza è un passaggio, è un’età critica e i giovani sono molto esposti. Se non c’è chi li frena con amore, queste gravidanze e altre situazioni a rischio sono sempre più probabili. I genitori insomma devono tornare a fare i genitori e fare attenzione al contesto che c’è attorno al ragazzo”.
Due minori a rischio, la mamma e il neonato. Ma chi avrà più problemi?
“E’ una domanda difficile, forse rischia di più la mamma che improvvisamente deve modificare il suo progetto di vita, ammesso che lo avesse. Adolescenza e maternità sono due momenti di crisi e vissuti contemporaneamente possono portare ad un cortocircuito. La neomamma andrebbe supportata dalla famiglia di origine e da un counselor esterno perché a volte il rischio è che anche che la nonna per aiutare la figlia scavalchi la vera mamma. E invece il bambino ha bisogno di riconoscere un’unica figura materna. Ci vuole molta saggezza, con le neomamme così giovani non bisogna essere troppo invadenti e possessivi e tantomeno avere un giudizio troppo critico. Credo che vada aiutata soprattutto la mamma perché ovviamente se lei ha un approccio sano anche il bambino ne beneficerà. Altrimenti, se lasciata a se stessa, potrebbe avere un rapporto contrastato con il bimbo perché a quell’età, tra i 16 ed i 17 anni non ci sono ancora la maturità e stabilità per affrontare tutte le esigenze di un bambino appena nato. Quindi è necessario farsi aiutare”.
Secondo lei le baby mamme aumenteranno nei prossimi anni?
“Potrebbe accadere se non si educa a una consapevolezza. Io registro una precocizzazione dei comportamenti da adulti degli adolescenti. I ragazzini di 13 anni escono la notte, si vestono da adulti, hanno atteggiamenti da grandi anche le pubblicità da cui siamo bombardati tendono ad adultizzare i bambini, questo può portarli a pensare di essere grandi davvero ma finché è una recita va bene, poi invece capitano fatti reali come una gravidanza e la vita si fa dura improvvisamente”.
(fonte: repubblica.it – nov 2012)
Sintesi del Rapporto UNFPA 2013 dedicato alle gravidanze delle adolescenti. Crediamo che per noi genitori che hanno accolto ragazze e ragazzi di altra etnia sia importante tenere a mente le motivazioni che spingono queste ragazzine ad avere un figlio e gli eventuali rimedi per contrastare il fenomeno.
Ogni giorno 20.000 ragazze di età inferiore ai 18 anni mette al mondo un figlio. Sono il 19% nei paesi in via di sviluppo. Tra questi l’Africa registra la più alta percentuale (28%). Sempre in Africa il 6% delle ragazze con meno di 15 anni ha un figlio contro la media dell’Europa dell’Est e Asia Centrale dello 0,2%. Bangladesh, Chad, Guinea, Mali, Mozambico e Niger accettano i matrimoni precoci. In generale non ci sono notizie sulle bambine dai 10 ai 14 anni anche se si è osservato che in America Latina le percentuali sono inferiori ma il trend, anziché rallentare come in altre aree del mondo, è in crescita.
Il problema delle gravidanze precoci è presente anche nei paesi sviluppati dove gli USA registrano il tasso più elevato e la Svizzera il più basso. Inghilterra, Nuova Zelanda e Irlanda si pongono dopo gli Stati Uniti. Di solito si tratta di ragazzine che vivono ai margini, che hanno lasciato la scuola, fanno parte delle minoranze etniche, che non si sono inserite bene come immigrate. Può succedere che usino il figlio per legare a sé il partner, che vogliano un bambino per imitazione di altre coetanee dello stesso gruppo, per acquistare un ruolo, loro, che sono estromesse da tutto perché non integrate. In definitiva non hanno niente da perdere. Male che vada andrà loro riconosciuto un ruolo da adulte, capaci di badare ad un bambino. Messico e Cile guidano la classifica tra i paesi OECD. Il problema è che la gravidanza altera l’intera vita dell’adolescente.
Tra le cause che portano alle gravidanze precoci lo studio evidenzia:
Tra gli effetti negativi ci sono:
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Tra le soluzioni quelle che hanno ottenuto maggiori risultati sono:
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Questo libro è nato dalla collaborazione di tante persone. Contiene un’energia speciale. Spero, la raccolta di lettere è nata per quello, che il passa parola possa portarlo per tutta Italia. Venite, intanto, a Milano e festeggiamo insieme l’evento di tante famiglie colorate che s’incontrano per l’occasione.
“Cara Adozione, scrivo a te, che in quest’ultimo anno sei entrata nella mia vita; io ho bussato alla tua porta e tu mi hai accolto…” – Greta
Cara Adozione nasce una domenica pomeriggio.
Ci sono fogli sparsi un po’ dappertutto, sulla sedia, sul pavimento e sul tavolo. Mucchi di carta contrassegnati da fermacarte differenti per distinguere i vari capitoli di un ipotetico libro. Con una penna in mano sto annotando i miei pensieri, quello che mi sgorga dal di dentro incontrando ora Enrico, ora Valentina, ora Rosangela, etc. Sono tutti compagni di avventura. Mi ci riconosco. Mi rattristano un po’ certe considerazioni, ma altre sono ironiche e divertenti.
D’istinto prendo il cellulare.
Ivana (Ivana Lazzarini, Presidente di Italiaadozioni), mi ascolta silenziosa mentre le propongo una raccolta di lettere. Il lavoro è impegnativo. Mi conosce da poco. Secondo me pensa che ci sia qualche cellula grigia in avaria nel mio cervello. In fondo, mi dico, è stata sua l’iniziativa di “buttarmi addosso” centinaia di lettere, arrivate a “Lettera a un’adozione” dell’anno prima. Poi, non contenta, ha rincarato la dose. Ne ha aggiunte delle altre, quelle dell’edizione che si stava per concludere.
Da me è stato interpretato come una sorta di battesimo per entrare nel gruppo di ItaliaAdozioni. Una specie di prova di coraggio come nelle confraternite dei college americani. O resta o scappa.
Sono rimasta. Non sono un tipo che fugge, io! Sono o non sono una mamma ado? Ho scelto le lettere. Le ho lette e rilette. Ogni volta ci ho trovato nuove sfumature e messaggi inediti. E mi sono anche divertita.
Ma quello che conta di più è che questo libro, che adesso stringo tra le mani, LA PRIMA COPIA, non è una cosa mia, ma è nato da tutti noi. Dagli autori, da chi l’ha costruito, stampato, sudato e discusso.
Il titolo, ad esempio, è stato ispirato dalla lettera della nostra Greta Bellando, quando studentessa ha incontrato per la prima volta genitori e figli adottati. E si è messa in ascolto.
Ecco, appunto, ascoltate.
Andate oltre le parole, chiudete gli occhi e lasciatevi trasportare dall’esperienza di un linguaggio diverso. Lontano dall’apatia e dalla diffidenza per l’altro che ci propinano tutti giorni sul posto di lavoro o alla TV o sui mezzi pubblici. Respirate il sentimento. Restate nella vibrazione di un’esperienza unica, e per molti di voi sconosciuta, com’è l’adottare un bambino.
Questo libro parla di incontri.
La parte più interessante del percorso di Cara adozione è stata sentire gli autori. Molti di loro non si aspettavano una nostra telefonata. Non si aspettavano che questo libro nascesse davvero.
“Sarà un piacere donare il libro a mia figlia quando sarà grande”.
“Leggeremo le lettere nel nostro gruppo di lettura”.
“Ne voglio comprare delle copie da donare alla Biblioteca Comunale”.
“Siete disponibili a fare delle serate con la nostra Associazione?”.
“A me piace scrivere: anche quest’anno parteciperò al concorso con “Lettera ad un colore””.
“Vorrei anch’io lavorare con voi”.
Comunicare, scrivere, mettersi a disposizione… per il gusto di farlo, senza aspettative. E un giorno bussano alla tua porta e ti dicono che quello che hai scritto e detto è importante, che tanti lo leggeranno, perché hai saputo andare dritto al punto, hai saputo esprimere un concetto altrimenti intricato. Per questo, troppe volte taciuto, sofferto, isolato.
“Vorrei che la mia lettera non fosse inserita”.
“Vorrei usare uno pseudonimo”.
Chi non ha paura di aprirsi ed esprimere i propri sentimenti profondi? Non sempre si è capiti. Talvolta si è derisi.
Cara Adozione è condivisione. Con le famiglie adottive. Con gli insegnanti. Con amici e parenti. Con i gruppi di lavoro. Ma parlare al mondo non è facile. Per questo abbiamo bisogno di tutti voi per fare in modo che questa voce non si fermi, ma si espanda per tutta Italia. Perché nessuna famiglia deve rimanere sola e isolata. Cara adozione è nata per questo.
Per chi avesse già letto alcune lettere sparse qua e là sul sito, potrà cogliere la magia che le accomuna e le rende diverse, ma mai banali, perché all’interno di un tutto.
Alla fine del percorso di lettura, ci si sente bene, come in una specie di autoanalisi. Una sorta di costellazione familiare nazionale, in cui ci si può immedesimare e ridere di noi stessi, sconfiggendo lo stress da performance genitoriale o filiale.
Che altro dire? Leggetelo. Potremmo confrontarci. Sarebbe bello che Cara adozione fosse la base per creare nuove collaborazioni e amicizie. Sarebbe bello che da tutto ciò nascessero altri libri e altri incontri.
Sempre parte di quel tutto che è l’adozione.
Roberta Cellore
Lunedì 17 ottobre ore 18.30 la partecipazione alla festa per “Cara Adozione” è libera, ma è molto gradita una mail per la conferma della propria presenza a redazione@italiaadozioni.it.
Si ringrazia Illy per la squisita disponibilità.
Chi desidera una copia di Cara Adozione può versare un contributo di 15 euro (comprensivi della spedizione) e scrivere il proprio indirizzo a redazione@italiaadozioni.it.
Per versare la somma si può utilizzare:
Bonifico bancario intestato a Associazione ItaliaAdozioni:
IBAN: IT16C0200834070000103385842
per bonifici esteri oltre alla coordinata IBAN, indicare anche il codice BIC:
Codice BIC: UNICRITM1D12
Ivonne, 20 anni: “Volevo qualcosa di mio. Mi sentivo troppo sola in famiglia e poco accolta. Adesso guardo mio figlio e capisco che ho fatto qualcosa di buono. Lui è solo mio.”
Adina, 20 anni: “I servizi sociali non mi considerano una mamma idonea? Faccio un secondo figlio e vediamo se mi prendono anche quello!”
Wara, 23 anni: “Ero innamorata. Adesso che ho il bimbo mi accorgo che il mio compagno è un immaturo. No, non lo rifarei. Ho pagato un prezzo troppo alto. Non ho più la libertà di essere giovane. Troppe rinunce”.
Olga, 21 anni: “Due figli in tre anni. Se mi capita un’altra volta, i miei mi buttano fuori casa”.
Firenze – 15/16 ottobre 2016
Spazio Libri Liberi Officine
Parleremo di ricerca delle origini con gli adottati e le loro storie, delle nuove tipologie famigliari con Melita Cavallo, di scuole e delle nuove direttive del MIUR sull’adozione con esperti e genitori, delle attese di famiglie e bambini attraverso le loro storie e le foto del concorso di Heartfamily.
Tra le novità la prima edizione del premio “Siamo adottati e stiamo bene. Grazie a…” dedicato alle persone che con il loro lavoro e il loro personale impegno hanno fatto la differenza nel mondo dell’adozione.
Durante l’incontro sarà presente anche una folta rappresentanza dell’Associazione Figli Adottivi e Genitori Naturali (FAeGN) che sfrutterà l’occasione per lanciare la campagna DNAdozione in Italia!
SABATO 15 OTTOBRE
10,30 Terzo Meeting Nazionale Adottati – Con il Comitato Nazionale per il Diritto alle Origini Biologiche. Ricerca delle origini e anonimato, riflessioni e discussioni sulla legge in corso di approvazione.
12,00 “Il ricongiungimento? Si può” – Storie a lieto fine
13,30 Pausa pranzo
15,15 Mario Lombardi presenta “Identità” – Intervento di mimo.
15,30 “Si fa presto a dire famiglia” – Incontro con il magistrato Melita Cavallo e il suo libro. Modera Giorgio Pezza
17,00 Prima edizione del premio “Siamo adottati e stiamo bene. Grazie a…” con premiazione
18,00 Inaugurazione della mostra fotografica “Famiglie in attesa… Bambini in arrivo” nata dal concorso organizzato in collaborazione con Heartfamily
DOMENICA 16 OTTOBRE
11,00 “Adottati a scuola” – Genitori e insegnanti ne parlano con Giovanna Masini, Anna Genni Miliotti e Alessandra Papa, autrici del nuovo libro edito da Libri Liberi sulle direttive del MIUR. Modera Giorgio Pezza
11,00 Laboratorio per bambini di musicoterapia – Con Tatiana Dondolini
13,30 Pausa pranzo
15,00 I protagonisti della mostra fotografica “Famiglie in attesa… Bambini in arrivo” si raccontano. Segue premiazione
16,00 Lancio del concorso “Ti racconto l’attesa…” legato al progetto editoriali di Libri Liberi e Officina Adozione
Ancora un rapporto sugli adolescenti, questa volta focalizzato sulle bambine/ragazze diventate madri in giovane età. I dati sono del rapporto Unfpa (Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione) che analizza la diffusione, le problematiche e le possibili soluzioni per la questione delle adolescenti ai margini, “girlsleftbehind”.
Anche qui si osserva che la pubertà è sempre più anticipata. In Europa e Nord America la pubertà femminile si completa ad 11-13 anni. Non è fuori dall’ordinario che una bimba manifesti i primi segnali all’età di 8-9 anni. Nei paesi scandinavi le ragazzini hanno il primo menarca tra i 12-13 anni. Sembra che questa accelerazione sia dovuta alle migliori condizioni nutrizionali e di salute. I maschi entrano in pubertà tra i 14-17 anni.
“I padri giocano un ruolo cruciale nel guidare i figli dall’adolescenza all’età adulta e possono proporsi come modelli positivi, incoraggiando i ragazzi maschi a diventare adulti sensibili all’uguaglianza di genere” – UNFPA 2013, pg 95.
Gli adolescenti possono entrare nel futuro come protagonisti o come soggetti passivi. La gravidanza precoce è uno degli elementi che può rallentare, se non del tutto precludere, la crescita di una giovane ragazza. Il problema è che ciò non condizionerà solo la sua vita, ma anche le generazioni future perché diventa molto difficile il riscatto sociale con un bambino da accudire. Quello delle gravidanze precoci è un fenomeno che investe sia i paesi in via di sviluppo che i paesi sviluppati anche se in quest’ultimi le percentuali sono più contenute.
Per l’originale in inglese vedi:http://www.unfpa.org/public/cache/offonce/home/publications/pid/17581;jsessionid=E7766CA57564DBBF53CB6E5F07FFEBBB.jahia02
Giornata di studio
LA CONTINUITÀ DEI LEGAMI FAMILIARI: STATO DELL’ARTE E PROSPETTIVE DI RIFORMA NELL’AFFIDO E NELL’ADOZIONE
06 ottobre 2016 – ore 09.30-13.30
Salone Brunelleschi – Istituto degli Innocenti Piazza SS Annunziata, 12, Firenze
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Destinatari: avvocati, magistrati, giudici, assistenti sociali, psicologi, educatori professionali.
Scopo: favorire l’approfondimento delle questioni connesse alla continuità dei legami nell’affidamento e nell’adozione, sotto il profilo normativo, giurisprudenziale e psicologico alla luce delle recenti modifiche.
Come noto, la legge 173/2015, modificando la legge 184/1983, ha ridefinito il rapporto tra il procedimento adottivo e l’istituto dell’affidamento familiare, ponendo in evidenza il diritto del minore a mantenere quella “continuità affettiva” tanto importante per il suo sviluppo e prevedendo la necessità di tutelare in continuità le positive relazioni socio-affettive che rispondano all’interesse del minore.
L’evoluzione normativa fin d’ora compiuta a livello nazionale è accompagnata ancora oggi da nuove proposte di modifica e ampio dibattito in sede istituzionale, giurisprudenziale e dottrinale, anche in ragione delle connesse problematiche, come la stepchild adoption, l’adozione da parte delle coppie omosessuali, l’adozione c.d. mite, la questione dell’accesso alle origini.
Tutto ciò si inserisce in un contesto europeo ed internazionale di grande fermento, foriero di cambiamenti e nuove prospettive destinato ad incidere anche sull’interpretazione delle norme nazionali da parte della giurisprudenza.
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Iscrizioni: per la partecipazione ai lavori seminariali è previsto un costo di 30 euro + IVA (sono esenti da IVA esclusivamente gli Enti Pubblici ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10).
Le iscrizioni dovranno pervenire entro il 03 ottobre 2016 via fax al n. 055 2037207 o scannerizzate via email a formazione@istitutodeglinnocenti.it
La scheda di iscrizione è scaricabile dal sito www.formarsi.istitutodeglinnocenti.it
Informazioni:
Servizio di Formazione Istituto degli Innocenti di Firenze
Tel. 0552037255*73
email formazione@istitutodeglinnocenti.it
SCRIVETE LE LETTERE entro il 30 settembre 2016 e inviatele a segreteria@festivaldellelettere.it
C’è tempo fino al 30 settembre 2016 per mandare la tua lettera al Festival delle Lettere di quest’anno. Continua la collaborazione con Italia Adozioni con la categoria fuori concorso Lettera a un colore, che segue Lettera di un’adozione, lanciata nel 2013.
Come sempre l’obiettivo del Festival è quello di promuovere la scrittura epistolare e dimostrare ancora una volta quanto essa possa essere utile per “mettere a nudo”, di fronte a se stessi o a chi leggerà, i propri pensieri e, in questo particolare caso, quali siano quelli derivanti dal percepito pubblico.
Si invitano le mamme, i papà, i nonni, gli zii e i ragazzi a dare voce a tutti quei “colori” che concernono sia le adozioni nazionali che quelle internazionali: razze ed etnie, cibi e usanze, quelle mille sfumature che mescolandosi nella realtà quotidiana creano la meravigliosa miscela che si chiama famiglia.
Quale migliore opportunità per esprimere il proprio punto di vista e raccontare momenti di vita condivisa?
clicca qui per scaricare il bando.
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Dott.Giorgio Zavarise, pediatra – Ospedale di Negrar- VR
“Numerose sono le ipotesi che possiamo avanzare per spiegare questo fenomeno, escludendo in partenza che queste bambine fossero già destinate ad una precocità sessuale.
Un ruolo importante è svolto senza dubbio dalla dieta, direttamente e indirettamente tramite le variazioni metaboliche e somatiche che implica. Queste bambine solitamente passano da una alimentazione povera, spesso vegetariana carente di proteine e calorie, ad una più ricca, bilanciata normo- o ipercalorica con conseguente stimolo alla produzione di sostanze endogene (ormoni, neurotrasmettitori, proteine citoplasmatiche ed extracellulari) e modificazioni corporee importanti per l’avvio dello sviluppo puberale. Il conseguente ingrassamento sottolinea il possibile ruolo del tessuto adiposo, specie nelle bambine adottate dopo i 5 anni, nelle quali si assiste ad un notevole incremento della massa adiposa in breve tempo, come avviene durante lo sviluppo puberale fisiologico. Gli adipociti sono, infatti, in grado di aromatizzare gli androgeni surrenali (già fisiologicamente presenti per l’età ed ulteriormente stimolati dal refeeding) in estrogeni con precoce sensibilizzazione (priming) dei centri ipotalamici. Le migliorate condizioni alimentari aumentano la produzione endogena di somatomedina (insulin-likegrowthfactor 1) (IGF-1) che favorisce la maturazione puberale stimolando direttamente la crescita ovarica, la maturazione follicolare e la produzione di estrogeni, e favorendo tutto il processo puberale tramite un aumentata secrezione di GnRH a livello ipotalamico. Un normale apporto nutritivo favorisce, inoltre, la secrezione di leptina importante regolatore dei processi puberali e regola il peptide Y inibitore degli stessi.
Anche fattori etnici e psicologici sembrano svolgere un certo ruolo nella determinazione di questo fenomeno. Numerose sono, infatti, le bambine indiane che se alimentate bene (come quelle delle classi sociali più ricche) hanno anche in patria un’età media del menarca fra le più basse al mondo (11.2-12.8 anni rispetto a 12.6 delle italiane, 13.0 delle europee del nord, >14 delle indiane povere e della maggior parte delle ragazze dei paesi in via di sviluppo). Inoltre il peso e la statura media presentata dalla popolazione indiana al momento dell’inizio puberale, indipendentemente dall’età e dalla classe sociale, sembrano essere minori di quelli delle bambine occidentali (peso 27 rispetto a 33 kg; statura 137 rispetto a 142 cm), con un peso simile a quello medio delle bambine adottate indiane osservate da noi (25.5 Kg). L’importanza di fattori psicologici è sottolineato da dalla tempestività dell’inizio puberale subito dopo l’adozione, e dal caso emblematico di una bambina adottata a 2 anni ma successivamente trascurata e maltrattata al punto da essere tolta alla famiglia adottiva e affidata a 6 anni ad altri genitori, con immediato avvio del processo puberale.”
(fonte: giorgiozavarise.it)
Sull’argomento vedi anche:http://www.amicitrentini.it/images/stories/pdf/3_intervento.pdf